Conversazione 14/03/2009 - cpfconsultoriosassari.it

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Conversazione 14/03/2009

Conversazioni 2008/2009

 

14 Marzo 2009
La persona Eluana e lo Stato di diritto: Quanto potere ha un genitore sul proprio figlio?



Il documento Gaudium et spes evidenzia una particolare concezione dello Stato di diritto come abbiamo visto sopra:
"Infatti, la persona umana, che di natura sua ha assolutamente bisogno d'una vita sociale, è e deve essere principio, soggetto e fine di tutte le istituzioni sociali." (GS 25)
A partire da questo principio il documento può affermare:
"L'ordine sociale pertanto e il suo progresso debbono sempre lasciar prevalere il bene delle persone, poiché l'ordine delle cose deve essere subordinato all'ordine delle persone e non l'inverso, secondo quanto suggerisce il Signore stesso quando dice che il sabato è fatto per l'uomo e non l'uomo per il sabato. Quell'ordine è da sviluppare sempre più, deve avere per base la verità, realizzarsi nella giustizia, essere vivificato dall'amore, deve trovare un equilibrio sempre più umano nella libertà." (GS 26)
Quanto è successo alla persona Eluana ci può aiutare a capire meglio come ognuno di noi e come chi ci rappresenta in politica pensa il rapporto tra persona e stato, tra persona e persona in famiglia.

Far abitare la persona nelle mie parole

Questo incontro vuole essere un esperimento di parlare in modo nuziale-familiare di un tema scottante ispirandoci a quanto fino adesso abbiamo scoperto sul valore della persona nel nostro documento conciliare. Sia l'esperienza nuziale-familiare sia la Gaudium et Spes mettono al centro di tutte le istituzioni, relazioni ed azioni la persona.
Discutere è un'azione.
Le discussioni su Eluana che ho potuto seguire in televisione, o alle quali ho partecipato io stesso mi sembrano essere stati caratterizzati dall'assenza della persona dell'interlocutore nelle parole di chi parlava. In che senso? Normalmente discutiamo su idee, argomenti e punti di vista. Nel confronto serrato tendiamo a identificarci con la propria idea, il proprio punto di vista o anche con la sensazione negativa che mi provoca il mio interlocutore in quanto dissente dalla mia idea.
Atteggiamenti simili sviluppa anche la persona con chi parlo. Inoltre si tende ad applicare lo stesso processo di identificazione con la propria idea o con il proprio punto di vista all'interlocutore. Io mi identifico con la mia idea riguardo al problema, lui o lei si identifica con il suo punto di vista della questione.
Ed è guerra.
Due sono gli illustri assenti in questo modo di discutere: l'essere della mia persona e l'essere della persona di chi parla con me. Normalmente non discutono due persone ma due idee o peggio due sensazioni. Non avere le stesse idee implica automaticamente l'impossibilità di dialogare veramente e l'inasprimento del discorso. Io non mi ritrovo in ciò che mi dice l'avversario e l'avversario non si ritrova in ciò che dico io. Non ci ritroviamo l'uno nelle parole dell'altro non perché abbiamo due opinioni diverse ma perché parliamo in un modo tale da farci capire che sopprimiamo le nostre persone mentre stiamo parlando. Il tono di voce, la mimica del viso e i gesti comunicano l'eliminazione della mia persona e della persona dell'altro nella mia immaginazione e nella mia memoria al mio interlocutore.
Comportandoci così veniamo meno al principio che "la persona sia principio, soggetto e fine" dell'azione personalizzante "discutere". Ed anche se io affermassi la verità riguardo a un aspetto della realtà il fatto di non tenere presente la verità dell'essere della mia persona e della persona dell'altro conferirebbe al mio discorso il sapore del non vero e dell'incoerenza.

La discussione spersonalizzante o personalizzante

Possiamo perciò distinguere tra due tipi di discussione: la discussione spersonalizzante che identifica la persona con la sua idea o una sensazione sia in relazione a se stessa sia in relazione all'interlocutore. Questo modo di discutere è spersonalizzante perché mi priva dell'essere della mia persona e di quella dell'altro nel mentre parlo e perciò la discussione non contribuisce alla realizzazione della mia persona.
Mi "spersonalizza" nel senso più letterale della parola perché mi privo della mia persona riducendola a un'idea o a una sensazione e percependomi di conseguenza semplicemente come un'idea o una sensazione.
L'effetto personalizzante della discussione, invece si ottiene nella misura in cui tengo presente nel mio modo di parlare la preziosità e amabilità dell'essere della mia persona e della persona con cui sto discutendo.
Come è possibile una tale impresa?
Si tratta di un'educazione della memoria e dell'immaginazione. Nella misura in cui mi ricordo e mi immagino la preziosità della mia vita e della vita della persona con cui parlo la modalità della discussione ne sarà caratterizzata e qualificata. Dal punto di vista pratico mi posso educare ad abitare la mia voce, senza alzarla. Posso esprimere durante la discussione con lo sguardo e la mimica e i gesti la mia benevolenza nei confronti del mio interlocutore.
Dal punto di vista verbale due sono le tecniche che favoriscono un parlare personalizzante: prima di controbattere l'opinione del mio interlocutore posso tentare di riassumere il suo punto di vista e chiedere se lui si ritrova nelle mie parole. Questo duplice atto, il riassunto dell'opinione del mio interlocutore e la domanda se lui si ritrova nelle mie parole fa sperimentare a me stesso e all'altro che non riduco né la mia persona né la sua a un'idea da combattere ma manifesta che prima di tutto è una persona da capire.
Gli manifesto che è più importante la sua persona che la sua opinione.
Solo all'interno della sua persona risplende la preziosità della sua persona. Con il riassunto e la domanda faccio sentire all'altro che lo considero un soggetto pensante e volente diverso da me vale a dire che lo considero una persona. Chiedendo a lui se si ritrova nel mio riassunto gli offro le mie parole abitabili, permettendogli di ritrovarsi nella sua diversità accolto in me.
In questo modo sperimenta sia il mio rispetto del suo specifico essere persona sia la possibilità di poter pensarla diverso da me senza dover perdere la stima per il suo essere persona come me. In questo modo iscrivo la discussione del contesto più largo e liberante della comunione tra le persone che trascende le opinioni delle singole persone.  

Inizio e fine dell'essere della persona umana

Il discorso sulla discussione personalizzante ci ha portato nel centro del dramma che abbiamo vissuto in relazione alla persona di Eluana nei mesi scorsi: la concezione dell'essere della persona umana dalla quale derivano modi diversi, opposti tra loro di trattarla.
E' stata proprio Eluana che ha messo in luce come gli italiani pensano la persona e tutto quanto è collegato ad essa.
Il problema pratico centrale è il seguente: si può togliere a una persona in stato vegetativo il nutrimento artificiale?
Il punto di vista di molte persone anche credenti dice di sì per diversi motivi. Ne elenco solo tre: perché soffre troppo; perché non potendo fare più nulla nella sua vita, non ha più senso la sua vita; in questo modo fa soffrire troppo i suoi parenti; se la persona stessa lo vuole bisogna rispettare la sua volontà, ecc.
Ognuno di questi punti di vista presuppone delle concezioni precise della persona umana. Ma tutti hanno in comune una convinzione di fondo: che la persona umana ha il potere per motivi umani di porre fine all'esistenza di una persona umana.
La concezione cattolica della persona umana si distingue profondamente da questo punto di vista. La fede cattolica svela la preziosità dell'essere della persona umana come opera personale di Dio, e in quanto tale trascende la sua origine tutte le capacità umane.
Questa origine sopranaturale che qualifica l'essere corporeo-spirituale di ogni persona conferisce a tutta la sua vita una dignità infinita. La fede cattolica considera l'atto creatore della persona umana non solo un'azione di Dio che avviene solo nel momento del concepimento ma come l'azione che mi fa esistere attualmente. In questo momento io ricevo il mio essere in tutta la sua freschezza e preziosità dal seno d'amore dell'infinita Trinità.
Ne deriva una percezione della propria persona che allo stesso momento è caratterizzata da un profondo stupore e rispetto per il mio essere e dalla possibilità di un abbraccio incondizionato del mio essere garantitomi dall'amabilità attuale con la quale esce ora dalle mani di Dio. Nello stesso momento faccio esperienza della totale non autogestibiltà del mio essere in quanto dono esclusivo di Dio e della totale personalizzazione del mio essere di nuovo appunto perché donatomi da Dio.
La "non gestibilità" del mio essere implica che non posso disporre di me come mi piace. La personalizzazione implica che mi identifico con tutto me stesso in sintonia con tutto il mio essere. La gestibilità del mio essere implica che posso decidere se l'essere della mia persona può iniziare (aborto) o quando deve finire (eutanasia), la personalizzazione del mio essere riconosce che l'inizio e la fine della mia esistenza sono sottratte alle mie capacità personali e si trovano letteralmente nelle mani amabili di Cristo.
Questa consapevolezza di se stesso, della persona è poco diffusa tra i fedeli cattolici perché richiede una formazione costante di se stesso. Chi va solo la domenica a Messa e non approfondisce la consapevolezza di sé alla luce della redenzione non potrà percepirsi in questo modo.
E' circa 1% della popolazione italiana che si prende cura della propria impostazione cattolica. La cultura italiana della percezione di se stesso è profondamente caratterizzata da un'impostazione mediatica che non ha la minima percezione della preziosità dell'essere della persona.
Perciò non conviene meravigliarsi che la dottrina della Chiesa cattolica viene mal capita o rifiutata.
Dire che in Italia esista una diffusa cultura cattolica è secondo me un grande errore.
La cultura cattolica in Italia riguardo secondo me l'1% della popolazione. Solo se prendiamo consapevolezza di questa dato di fatto che ci presenta oggi la nostra società potremo entrare in un contatto costruttivo con la nostra amata civiltà profondamente laicista.

La sofferenza nel contesto della dignità dell'essere della persona

Un paradigma fondamentale della concezione attuale di se stesso è il benessere fisico. Stare male fisicamente è un male assoluto che si deve combattere a tutti costi con tutti i mezzi.
La persona Eluana in un tale contesto è completamente incomprensibile per la maggior parte dei nostri contemporanei. Bisogna capirli prima di attaccarli.
Il primo compito della Chiesa credo, non è denunciare gli errori ma offrire nel dialogo il proprio punto di vista e formare le persone alla luce della rivelazione. Vale per la discussione tra società laicista e Chiesa quanto affermato per la discussione tra due persone: il modo di parlare deve manifestare l'amore della persona, l'amore per la società che è composta di persone.
Un altro aspetto della concezione della sofferenza viene espresso dall'ONU con il nuovo paradigma della sanità: non conviene investire in chi non è più produttivo. Mantenere in vita persone che non producono per la società è uno spreco economico. Si tratta di una logica conseguenza dell'assolutizzazione dell'economia.

Il valore dell'essere della persona e lo stato di diritto

Aggiungo due documenti che illustrano come nel mondo politico viene interpretato la centralità della persona di fronte alla legge:

Due interpretazioni personali del valore della persona di fronte allo Stato (Napolitano) e in famiglia (Berlusconi):

"Già sotto questo profilo il ricorso al decreto legge - piuttosto che un rinnovato impegno del Parlamento ad adottare con legge ordinaria una disciplina organica - appare soluzione inappropriata. Devo inoltre rilevare che rispetto allo sviluppo della discussione parlamentare non è intervenuto nessun fatto nuovo che possa configurarsi come caso straordinario di necessità ed urgenza ai sensi dell'art. 77 della Costituzione se non l'impulso pur comprensibilmente suscitato dalla pubblicità e drammaticità di un singolo caso.
Ma il fondamentale principio della distinzione e del reciproco rispetto tra poteri e organi dello Stato non consente di disattendere la soluzione che per esso è stata individuata da una decisione giudiziaria definitiva sulla base dei principi, anche costituzionali, desumibili dall'ordinamento giuridico vigente.


Decisione definitiva, sotto il profilo dei presupposti di diritto, deve infatti considerarsi, anche un decreto emesso nel corso di un procedimento di volontaria giurisdizione, non ulteriormente impugnabile, che ha avuto ad oggetto contrapposte posizioni di diritto soggettivo e in relazione al quale la Corte di cassazione ha ritenuto ammissibile pronunciarsi a norma dell'articolo 111 della Costituzione: decreto che ha dato applicazione al principio di diritto fissato da una sentenza della Corte di cassazione e che, al pari di questa, non è stato ritenuto invasivo da parte della Corte costituzionale della sfera di competenza del potere legislativo."
(Dalla lettera che il capo dello Stato Napolitano ha inviato al presidente del Consiglio Berlusconi prima che il Consiglio dei Ministri approvasse il decreto, 6 feb. 2009)

"Art. 77 della Costituzione Italiana.
Il Governo non può, senza delegazione delle Camere, emanare decreti che abbiano valore di legge ordinaria.
Quando, in casi straordinari di necessità e d'urgenza, il Governo adotta, sotto la sua responsabilità, provvedimenti provvisori con forza di legge, deve il giorno stesso presentarli per la conversione alle Camere che, anche se sciolte, sono appositamente convocate e si riuniscono entro cinque giorni.
I decreti perdono efficacia sin dall'inizio, se non sono convertiti in legge entro sessanta giorni dalla loro pubblicazione.
Le Camere possono tuttavia regolare con legge i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti non convertiti."

"Non siamo noi che ce la prendiamo con Berlusconi ma è lui che adopera la questione di Eluana per i suoi calcoli politici. Adesso ha la sfrontatezza di dichiarare che lui, come padre, non staccherebbe la spina. Ma se nel 1981 consentì che la sua convivente abortisse un feto al 7 (settimo) mese perchè il bambino si presentava non troppo perfetto!
C'è l'intervista di Veronica sul Corriere in data 8 aprile 2005 (Maria Latella sito Corriere della Sera 6 febbraio 2009)

Intervista con Veronica Berlusconi:
"In quattro anni di governo, Silvio Berlusconi ha citato di rado le opinioni della moglie Veronica e ancor più raramente riferendone il punto di vista su questioni di coscienza o politiche. Conosce il tipo e sa di non farle cosa gradita. Ieri invece, a sorpresa, il Cavaliere ha alluso a presunte divergenze domestiche a proposito del referendum sulla procreazione assistita, fissato per il prossimo 12 giugno. "Sulla data, non fatemi litigare con mia moglie" ha confidato a qualche interlocutore e subito Volontè, dell' Udc, ha chiarito che la data del referendum non si cambierà, giammai: né per Pannella né per Veronica.
Ignara di essere (quasi) al centro di un dibattito politico, Veronica Berlusconi lo scopre per via del cronista e, questa volta, non tace. Accetta l' intervista, forse, anche per una ragione molto personale, un ricordo tra i più dolorosi della sua vita, un evento di cui non ha voluto parlare neppure nel libro a lei dedicato.
Negli anni Ottanta, prima che nascesse la primogenita Barbara, Veronica si sottopose a un aborto terapeutico rinunciando al figlio che lei e Silvio Berlusconi avevano voluto. Decise di non averlo perché quel bambino non sarebbe nato sano. …
Negli anni Settanta, ricordo, la discussione sull' aborto ruppe quel muro di silenzio e di vergogna che opprimeva l' animo di una donna costretta a quella scelta. Nell' aborto non c' era soltanto il rischio di morire e la morte che dolorosamente si infliggeva, ma anche il silenzio, tremendo, che accompagnava la scelta e che veniva mantenuto: non si ama parlare di qualcosa che si è perduto". Perciò, in che modo si sta formando un' opinione? "Se si chiede a un cittadino di esprimersi su questi argomenti, credo che la prima, istintiva, reazione, sia di guardare alle proprie personali esperienze o di immedesimarsi in quelle degli altri.
Per quanto mi riguarda, c' è un' esperienza personale che mi fa riflettere. Ho avuto un aborto terapeutico, molti anni fa. Al quinto mese di gravidanza ho saputo che il bambino che aspettavo era malformato e per i due mesi successivi ho cercato di capire, con l' aiuto dei medici, che cosa potevo fare, che cosa fosse più giusto fare. Al settimo mese di gravidanza sono dolorosamente arrivata alla conclusione di dover abortire. È stato un parto prematuro e una ferita che non si è rimarginata.
Ancora oggi è doloroso condividere pubblicamente quell' esperienza, ma in un momento in cui tanti di noi si sentono immaturi, impreparati, rispetto alla conoscenza della legge 40, ai contenuti del referendum, ecco, sapere come andavano le cose venti o trenta anni fa, quando la scienza non era così avanti come oggi, potrebbe essere utile". Da "Veronica Berlusconi: quel mio dramma e la scelta di andare a votare" di  Maria Latella in Corriere della Sera del 8 aprile 2005"


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