Conversazione 21/05/2011 - cpfconsultoriosassari.it

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Conversazione 21/05/2011

Conversazioni 2010/2011

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21 maggio 2011

"COSTRUZIONE O DISTRUZIONE famigliare"
speranza e disperazione a colloquio

Nel sistema " Famiglia": a ognuno il suo
Verso una famiglia vera, bella ed armoniosa

Centralità della giustizia famigliare


Quando la moglie si ferma solo la decima volta di fronte alla vetrina di un negozio di scarpe durante la passeggiata pomeridiana della domenica il marito non riesce più a trattenersi da un "ma non è giusto che ..". Una frase simile si è dovuto subire lo stesso marito quando a colazione si è sporcato con un'innocente goccia di caffè la camicia bianca appena stirata dalla moglie la sera prima con tanto amore. Tutti e due si sono rivolti con questa frase mitica ai loro due figli quando all'una dovevano presentarsi a tavola per l'unico momento veramente familiare della settimana e non si sono voluti staccare dalla loro venerata playstation. Però stasera saranno loro ad accusare gli stessi genitori a non essere giusti per il fatto di volerli mandare a letto alle 10 di sera con il solito pretesto che domani bisognerà alzarsi per andare a scuola. Ma prima di arrivare a questo dolce finale domenicale chiameranno i genitori del marito facendo presente che non li sembra giusto che i loro nipotini la settimana scorsa abbiano passato più tempo con i loro consuoceri e che per questo motivo si sentono messi da parte.

Che cosa è giustizia?

Situazioni simili si sperimentano ogni giorno e evidenziano quanto è vivo in ogni persona il senso della giustizia. In che cosa consiste "giustizia"?
"Il termine greco per giustizia è díkaiosyne mentre il giusto è dikaios. Derivano dal sostantivo dike che significava in origine colei che indica, che indirizza e quindi direttiva, indicazione, ordine. A differenza della nomos, la legge cui sono sottomessi gli animali (di divorarsi), dike è stata data all'uomo per sviluppare ordinatamente la propria esistenza. È l'opposto della bie, la violenza, la potenza distruttrice. Il dikaios, il giusto, è colui che si comporta in modo conforme alla parte della società in cui vive e compie il suo dovere verso gli dei e verso i suoi simili. Dikaia zoe è la maniera di vivere civilmente contrapposta alla hybrise all'inciviltà, alla vita disordinata dei barbari.
Nella mitologia Astrea o bike è la figlia di Giove e di Temi, custode delle leggi e protettrice dei tribunali: durante l'età dell'oro discese sulla terra; ma, sopraggiunta l'età del bronzo, per la malvagità degli uomini, fu costretta a ritornare in cielo. Viene rappresentata come una donna che regge la spada e la bilancia, e anche oggi questa è la rappresentazione simbolica più comune della giustizia."
(Wikipedia)
Aristotele approfondirà la realtà della giustizia definendola come colei "cha dà a ognuno il suo". Tommaso d'Aquino si muove su questa linea e specifica ulteriormente: "la materia della giustizia è un'operazione esterna ... proporzionata a un'altra persona alla quale siamo ordinati secondo giustizia. Perché si dice essere di una persona ciò che le spetta secondo un'uguaglianza di proporzione. E perciò l'atto della giustizia non consiste in altro che nel restituire a ognuno ciò che è suo."
(32)
"Restituire a ognuno ciò che è suo" e non dare a ognuno la stessa cosa è la sorprendente definizione dell'azione "giustizia". Di fatto il marito ritiene che la moglie fermandosi al decimo negozio di scarpe non gli restituisce quell'attenzione che la natura di una passeggiata da coniugi implicherebbe. Così la moglie si inquieta di fronte al marito che si sporca la camicia appena sporcata perché percepisce che non questo gesto non le restituisce l'amore che meriterebbe grazie a come ha lavato e stirato la sua camicia. Nell'armonia famigliare spetterebbe ai genitori che i figli venissero puntuale a tavola, secondo la concezione dei figli la serata domenicale dovrebbe essere dedicata a una più lunga permanenza di fronte al televisore e nella mente dei genitori paterni nella settimana appena conclusasi non li è stata restituita in termine di tempo quella parte della vita dei nipotini che li spetta.
Si può discutere sulle varie concezioni di giustizia che ogni componente della famiglia nutre nella sua mente per poi pretendere una restituzione di atti che gli spettano ma un aspetto emerge con chiarezza: la giustizia è una questione di proporzione che si decide in un troppo o in un troppo poco. Per il marito il fermarsi dieci volte davanti a una vetrina appare troppo, per la moglie sporcarsi subito la camicia stirata appare un troppo poco di amore nei suoi confronti, ai genitori la riluttanza dei figli nel venire a tavola è segno di troppa poca obbedienza da parte dei figli ecc. .
"Restituire" significa prima di tutto rispondere a qualcosa che ho prima ricevuto. La famiglia svela molto bene questa natura intima e grandiosa dell'agire giusto. Ogni azione giusta nella famiglia nasce come risposta al dono ricevuto. La famiglia dice di fatto la vita umana è prima di tutto dono, i coniugi sono coniugi , in quanto si donano reciprocamente. I figli sono figli in quanto i genitori li hanno donato la loro vita. I nonni sono nonni in quanto hanno regalato la vita ai loro figli e attraverso di loro ai loro nipotini. Gli stessi figli sono un dono immenso per i loro genitori e i loro nonni, per i propri fratelli, cugini e zii e viceversa. La giustizia perciò fa sul serio con la verità che la vita è prima di tutto un dono così prezioso e così ineluttabile che ho il dovere di restituire in azioni quanto io ho ricevuto dalla mia stessa vita e da chi mi dona la propria vita.

Immaginare l'altro

Gli esempi portati illustrano un altro aspetto fondamentale che presiede all'attuazione della giustizia famigliare: L'immagine di me, dei miei famigliari, delle relazioni e azioni che ci uniscono o separano fa si che mi comporto o giusto o ingiusto e che mi percepisco trattato giusto o ingiusto. Si tratta della memoria di me, della mia famiglia, della mia giornata, della mia storia dalla quale nascono le mie azioni come abbiamo visto nel capitolo della prudenza. La giustizia arricchisce e aiuta nella scelta dell'azione "giusta" in quanto rende presente nella mia azione l'altro , le sue caratteristiche, le sue esigenze ... i suoi diritti.
L'arricchimento immenso che apporta la giustizia alla realizzazione della vita personale e famigliare consiste nel rendere la mia memoria e le mie azioni particolarmente abitabili per gli altri perché mi aiuta di pensare me e le mie relazioni e azione a partire dagli altri come dono amabile!
Abbiamo visto che la famiglia nasce proprio da due immagini amabili: quella che i futuri coniugi ricevono in dono l'uno dell'altro nel momento del innamoramento (fulmineo o graduale) e che si realizza in relazioni e azioni reciprocamente abitabili. Immaginare bene, pensare veramente, ricordare fedelmente, sentire in modo corrispondente l'altro come è in realtà con le azioni che gli spettano in me diventa perciò premessa indispensabile per poter realizzare l'armonia famigliare. Conviene prendersi il tempo per pensare, per ricordare ogni componente della famiglia in un modo sempre più proporzionato a come è e si sviluppa veramente per poter fargli sperimentare nella mia azione la sua presenza nella mia mente e nel mio cuore.

La bellezza o armonia famigliare

Essendo la giustizia famigliare una questione di proporzione l'essere giusto come coniugi, genitori, figli, fratelli, nonni rende la famiglia armoniosa e bella. La bellezza, l'armonia di fatto è frutto di elementi proporzionati tra di loro, Un quadro viene percepito bello per la proporzione delle linee, delle figure, dei colori ecc.. Si chiama bello il ritratto di una persona perché riproduce le dimensioni della persona rappresentata in modo proporzionato a come è in realtà: se il pittore dipinge il naso troppo piccolo, o gli occhi troppo grandi, o le mani troppo lunghe, o le gambe troppo corte chi vede il quadro e conosce la persona dipinta dice: questo quadro non è bello ma piuttosto una caricatura o persino un'offesa. Il quadro non restituisce alla persona rappresentata ciò che è suo. Un ritratto brutto è un quadro "ingiusto", un quadro non vero, non fedele a chi vuole rappresentare. Questo esempio rivela quanto sia legata la giustizia alla bellezza e ... alla verità, all'essere proporzionato alla realtà. Un ritratto brutto suscita l'esclamazione: non è veramente la persona che si voleva dipingere. Perciò la verità genera bellezza e giustizia.
Ogni componente famigliare porta in sé il ritratto di ogni altro componente famigliare. Ogni moglie, ogni marito dipinge in sé il ritratto del coniuge, dei figli, dei
genitori, dei suoceri ecc.. Le azioni che compio nei confronti dei miei famigliari dipendono da come li dipingo dentro di me. Se il 80 percento del ritratto figlio nella mente materna è occupato da come deve essere a scuola, le emozioni reali, i ricordi del figlio e le sue attese verso il futuro saranno poco riprodotti nella mente materna. Molte mamme di fatto dipingono dentro si delle caricature dei loro figli immaginandoli quaderni scolastici ambulanti per la preoccupazione comprensibile ma sproporzionata per il loro futuro: Se non studia abbastanza non avrà abbastanza possibilità di realizzazione professionale. Le parole e azioni che generano una tale immagine di figlio non potranno essere proporzionate a come il figlio è veramente. Questa immagine e le parole e azioni corrispondenti impediscono la bellezza e armonia famigliare. Altrettanto si potrebbe affermare dei ritratti che i coniugi si dipingono reciprocamente l'uno dell'altro quotidianamente e con l'andare del tempo.

L'elemento essenziale di ogni ritratto famigliare e della bellezza famigliare

La famiglia deve la sua origine alla percezione dell'amabilità dell'essere della persona umana rivelata e sperimentata nell'evento innamoramento sotto forma di dono. Così ogni figlio viene concepito nel contesto della massima manifestazione e adesione all'amabilità dell'essere della persona che è l'unione coniugale nell'intimità nuziale di nuovo sotto la modalità del dono e della comunione.
Questo manifestarsi famigliare della persona umana, accennata nei suoi dettagli all'inizio del capitolo precedente, richiede che ogni ritratto che io porto dei miei familiari (me compreso) in me, sia caratterizzata dalla percezione dell'amabilità del suo essere. Se viene a mancare questo aspetto mi autoescludo dal principio fondante della famiglia, dall'ordine famigliare", dall'armonia famigliare, dalla bellezza famigliare. Divento un "eretico" famigliare, un falso coniuge, un falso genitore, un brutto marito, un brutto figlio, ecc..
Non dando a livello immaginario all'altro ciò che gli spetta, vale a dire la sua amabilità sperimentata in origine e arricchita dall'aumento di vita, anche nelle mie azioni non restituisco all'altro ciò che è suo: l'amabilità della preziosità del suo essere. Le mie parole e azioni non saranno proporzionate a ciò che ogni componente della famiglia sperimenta come più "suo": il proprio essere nella sua concretezza fisica, psichica, relazionale, quotidiana e storica sotto l'aspetto della sua amabilità incondizionata. La giustizia famigliare, la bellezza della famiglia si può solo realizzare se i componenti della famiglia si educano a coltivare l'amabilità reciproca a livello dell'immaginazione, delle parole e delle azioni. Non si tratta di una teoria della giustizia famigliare. Ma si tratta di trasformare l'amabilità sperimentata in origine di ogni persona che compone la famiglia in stile di pensiero, di dialogo e di comportamento quotidiano. Così diventiamo un famiglia vera, bella ed armoniosa. Questa esperienza originale e fondante della mia amabilità in famiglia fonda il mio diritto all'essere amato dagli altri componenti della famiglia. In concreto significa: ho il diritto di abitare il cuore, la mente, la mimica, le orecchie, lo sguardo, le parole e le
azioni non in senso assoluto ma in modo proporzionato al mio ruolo nella mia famiglia. Il figlio non può essere pensato e trattato come un marito, una moglie non può essere immaginata come una figlia o una madre, ecc..
A questo diritto proporzionato (non troppo e non troppo poco) d'essere amato corrisponde il dovere degli altri componenti della famiglia di amarmi in modo proporzionato, valere il dovere di coltivare la memoria della mia amabilità nella propria mente, nelle proprie parole, azioni ecc..

L'azione famigliare più ingiusta

Come può il ritratto di un componente famigliare in me perdere la sua amabilità, il suo carattere di dono?
Se l'esperienza fondante della famiglia sia in relazione alla coniugalità (innamoramento) sia alla genitorialità (unione intima) sta nella percezione dell'amabilità dell'essere mio e dell'altro il deteriorare della mia immagine e dell'immagine dell'altro in me deve essere un processo storico. Io cambio il ritratto che ho della persona amata in me. Ieri ti pensavo con gioia oggi con un po' meno di gioia e domani magari con rabbia o dolore. Il cambiamento dei colori, delle proporzioni del mio quadro interiore dipende dalla modificazione del racconto interiore che mi offro in seguito a esperienze negative che la persona amata mi procura.
Il marito dopo la decima fermata davanti a una vetrina durante la passeggiata pomeridiana con la sua moglie comincia a dirsi: spero che domenica prossima non mi tocca fare un'altra passeggiata con, mia moglie. In principio pensava: "Che cosa mi posso inventare per fare due passi con la. mia amata?" La modificazione del racconto interiore "passeggiata con la moglie" trasformerà l'immagine "passeggiata con la donna amata" da ritratto attraente (a costo di sacrifici) in ritratto repellente ( da evitare a costo di bugie). La narrazione interiore troverà espressione verbale esterna nel seguente modo: "Fare la passeggiata con te la domenica mi fa innervosire." La moglie si offenderà perché penserà: " Mio marito non ama fare una passeggiata con me."
In che modo è stato tradito la verità famigliare? Il marito ha assolutizzata la percezione negativa che gli ha causato lo shoping-istinto di sua moglie. Ha obbedito interiormente alla sensazione negativa sacrificando a questa percezione tutta la memoria bella delle passeggiate domenicali con sua moglie. Ecco l'azione abominevole coniugale per eccellenza: far mangiare passivamente l'immagine amabile della persona amata da una sensazione negativa che mi causa la persona amata assecondando e sigillando la riduzione dell'essere dell'altra persona a sensazione negativa con un giudizio negativo riduttivo su di essa: "Mia moglie pensa solo a comprarsi scarpe spendendo ingiustamente i miei soldi." La narrazione "passeggiata domenicale" rischia ad essere ridotta ci questo giudizio e l'immagine amabile originale "passeggiata domenicale" a essere identificata con la sensazione negativa causata dal problema scarpe.

La fedeltà coniugale alla memoria originale, al racconto originale, al ritratto originale della passeggiata domenicale con la donna amata richiederebbe al marito uno sforzo mentale e volitivo: non soccombere alla sensazione negativa e immaginarsi possibilità alternative di attuazione della passeggiata. Poi in quanto ha promesso di donare i suoi stati d'animo a sua moglie potrebbe comunicarle il suo stato d'animo di disagio di fronte all'interesse principale della moglie cercando di trovare insieme una passeggiata abitabile per tutti e due. Chi non reagisce alla sensazione negativa che l'altro mi causa, non ne parla e non cerca di costruire azioni nelle quale possono respirare tutti e due decostruisce l'immagine amabile in proporzione alle percezioni negative che ricevo.

L'ordine della giustizia famigliare

Sperimentiamo che non possiamo pensare, immaginare, dipingere, raccontare tutti i componenti della famiglia allo stesso modo, con la stessa intensità, con la stessa priorità ma proporzionato al ruolo che ognuno occupa all'interno "sistema" famiglia. Il marito che occupa la sua mente buona parte della giornata con il pensiero della madre
apprensiva farà sentire sua moglie in periferia, i loro figli un peso a se stesso.
L'ordine di precedenza si basa sull'intensità di vicinanza delle persone tra di loro. La persona più vicina a ogni componente familiare è bio stesso, è più vicino a ogni persona di quanto una persona possa essere vicina a se stessa. Ne vediamo le applicazioni nella seconda parte di questo capitolo. La seconda persona che mi è più vicina di ogni altra è la mia stessa persona. Trascurare questa priorità di vicinanza scombussola qualsiasi ordine o armonia famigliare. Quasi in tutte le famiglie questa duplice priorità viene fortemente o spesso trascurata o del tutto ignorata. Con grande facilità dato la vicinanza estrema nella quale si collocano i vari componenti della famiglia si tende a occuparsi nel bene e nel male prima dei marito, della moglie, dei figli, dei genitori e poi di bio e di se stesso. In questo senso le due relazioni più fondanti per una famiglia sono le più trascurate.

La responsabilità della bellezza famigliare

Tommaso d'Aquino nel suo racconto della persona umana colloca l'attuazione della giustizia a livello della volontà, dei libero aderire a una verità conosciuto a del suo rifiuto. Tutto l'ordinamento giuridico mondiale e ogni rimprovero coniugale, genitoriale o filale condivide implicitamente che la libera volontà sia il soggetto dell'agire giusto. La moglie conosce suo marito e sa che esagerando le fermate di fronte alle vetrine comunica la percezione che per lei sia più importante guardare le scarpe piuttosto che passeggiare con suo marito (come faceva nel periodo del fidanzamento). Lei sceglie liberamente l'impulso pseudo femminile alimentato da molti spot pubblicitari dell'aggiornamento "scarpistico", perché la donna seduce con le scarpe invece di godersi la compagnia dell'uomo ricevuto in dono. Così il marito dà liberamente la priorità alle notizie del telegiornale mentre fa colazione emigrando dall'azione bere il caffè con le conseguenze già rese note e sfavore dell'agire amoroso della moglie. Anche i figli sono consapevoli che quando i genitori li chiamano a tavola dovrebbero interrompere i giochi ma preferiscono a farsi dominare dalla sensazione piacevole del gioco piuttosto che aderire alla priorità della vita famigliare che li comunica la capacità di liberarsi dalla percezione sensibile del momento. Grazie alla libertà di volere o non volere l'azione giusta ne divento responsabile e i componenti familiari che vengono lesi dal mio comportamento hanno il diritto di chiedere mi conto del mio comportamento e se necessario chiedermi di riparare il danno causato.

Riparazione come restauro della bellezza nuziale

Se l'agire famigliare deve restituire a ogni componente in modo proporzionato quanto si deve all'amabilità del suo essere sorge la domanda come mi posso fare reintegrare nella bellezza famigliare se io manco al riguardo nei confronti del mio coniuge, dei nostri figli, dei nostri genitori o suoceri. Ho il dolce dovere di riparare per quando privo il coniuge o figli o genitori dell'abitabilità delle mie azioni famigliari. Se agisco in modo che si trovano esclusi dal mio comportamento. Tra coniugi rincorre una relazione di uguaglianza che postula la necessità di ricuperare attraverso il racconto d'integrazione reciproca degli eventi e azioni collocati fuori dall'armonia famigliare con la conseguente richiesta di perdono del colpevole e l'accoglienza di questa richiesta da parte del coniuge leso e l'attuazione della concordata riparazione.
In questo contesto sarà di grande aiuto la decisione di voler essere corretti reciprocamente sempre secondo le modalità nelle quali tutti e due coniugi si possono ritrovare.

Rimprovero e punizione come progresso e armonizzazione famigliare

La relazione con i figli segue un altro tipo di giustizia famigliare che on si basa sul principio dell'uguaglianza ma sul principio della genitorialità. La coppia genitoriale o il genitore hanno il dovere di generare i figli e poi favorire una relazione vera, ricca, reale e creativa con se stessi. Non sempre i figli colgono quanto è buono per questo processo di educazione e genitori hanno il dovere di rimproverarli e di punirli per poterli liberare da idee o comportamenti che impediscono lo sviluppo delle loro personalità.

Lo stato di diritto come estensione della bellezza famigliare

La legislazione a livello statale è la continuazione sociale dell'armonia famigliare e richiede per l'alto numero di persone e relazioni che compone una nazione organi legislatori propri in gradi da elaborare e decidere azioni nelle quali possono ritrovarsi tutti i cittadini e individuare quelle azioni dalle quali devono difendere i cittadini e infine stabilire le condizioni di riparazione per coloro che realizzano azioni nelle quali altri cittadini vengono lesi.

Armonia battesimale cioè ecclesiale

Quanto visto in relazione alla famiglia vale in modo simile per la nostra condizione battesimale. Nel battesimo Gesù rende abitabili la sua immensa persona filiale, la persona vicina e spaziosissima del Padre e la persona amabilissima dello Spirito. Quali sono le azioni proporzionate e questo dono immenso nelle quali restituisco ai Tre quanto mi stanno donando immergendomi nella loro vita trinitaria?
.Conviene subito riconoscere che impossibile "restituire" quanto la grande e bella Trinità mi dona: mi ha creato, mi fa esistere in questo momento e mi ha immerso nella sua stessa vita donandomi ognuna della sue tre persone! Nella concezione classica si parla in questo contesto dell'atteggiamento della pietas con cui si intende l'atteggiamento di riconoscenza, di venerazione e di ammirazione verso persone e istituzioni che nella nostra vita ci hanno donato più di quanto li riusciamo a restituire, come avviene verso i nostri genitori, la patria e appunto Dio.
In questo senso si può parlare di una riconoscenza, di una commozione, di un'ammirazione, di una venerazione battesimale verso Dio verso la Trinità vicinissima per quanto mi sta donando in questo momento e verso ciò che è e verso quanto ha compiuto e compierà nei miei confronti, nei confronti della mia famiglia, della nostra parrocchia, la nostra diocesi, verso la Chiesa universale e l'umanità intera. Questa píetas battesimale intesa come un atteggiamento mentale, volitivo, affettivo ed aggressivo (vale a dire sono disposto a difendere questa riconoscenza anche contro pensieri, atteggiamenti avversi) dovrebbe generare azioni nei confronti di Gesù nelle quali lui si ritrova.

Lettura biblica e celebrazione liturgica: azioni nelle quali ci ritrova Gesù

Se qualcuno si rivolge a me l'azione più proporzionata a questa persona, l'azione più giusta al suo rivolgersi a me in parole e azioni è accoglierlo nelle sue parole e nelle sue azioni. La vicina e felice Trinità si rivolge a me attraverso la creazione, la storia, il progresso umano, la rivelazione biblica, la Chiesa, la mia famiglia e attraverso la mia stessa persona.

Domande per la riflessione:
In quali circostanze di vita coniugale e familiare dico "così è giusto" oppure "non è giusto che ..."? Quale è per me la più grande ingiustizia che ho subìto in famiglia da un componente della mia famiglia? Quale è il mio dovere principale nei confronti del coniuge e nei confronti dei figli?
Quali sono le azioni giuste che mi piace più compiere nei confronti della mia famiglia e nei confronti dello stato?
Quali sono i miei doveri cristiani principiali? Di quali di questi doveri gioisco di più nella loro realizzazione? Come mi immagino una famiglia, una società, una chiesa più giusta?

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